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Archive for the ‘Dentro la Costituzione’ Category

Martedì 17 novembre 2009, ore 21

L’articolo 32 della Costituzione Italiana e altri correlati sanciscono il diritto alla salute.

Come funziona nella realtà? Siamo davvero tutelati?

Il professor Gaspare Jean ci spiega, in dettaglio, la situazione attuale.

Articolo 32:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Articolo 4

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Articolo 31

La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.

Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

Articolo 38

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.

L’assistenza privata è libera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il video dell’incontro è reperibile su Youtube sul canale anpi25aprile  al seguente link:

http://www.youtube.com/watch?v=gcqDjAPQuBU

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Mercoledì 11 novembre 2009 ore 21

 

Il tema è conoscere la Costituzione, come viene applicata, come si può applicarla, come viene regolata dalle leggi che la applicano.

Il Prof. Luigi Pestalozza, Vice-Presidente dall’ANPI provinciale di Milano e neo Ambrogino d’oro,  introduce facendo riferimento alla Scuola come un aspetto della questione più generale della Conoscenza, della Formazione, dello Studio, della Ricerca che influisce sull’uguaglianza fra cittadini: stesse opportunità, riduzione delle distanze e valorizzazione dei capaci e meritevoli.

Sorprende sentir parlare di documenti Confindustria che riportano indirizzi di “formazione di menti … emancipati dal sapere critico …” , della tendenza alla privatizzazione dei servizi compresa la formazione di base e dell’aumento costante della precarietà nell’attività di insegnamento.

La relazione del Prof. Mario Vegetti, dell’Università di Pavia, inizia con la piena consapevolezza della Costituzione come testo “mobile” soggetto a modifiche conseguenti all’evoluzione storica del Paese. Purtroppo, sottolinea, l’attuale situazione storica italiana ci fa riflettere sul populismo crescente e, citando Norberto Bobbio sottolinea che “Nessuna procedura formalmente democratica autorizza a violare i principi di base della democrazia: la libertà di pensiero e di parola, l’uguaglianza dei cittadini, la separazione dei poteri”. In caso contrario, sempre citando Bobbio, “ogni forma di opposizione e di resistenza è autorizzata” e parla di “Patriottismo costituzionale”.

La relazione del Prof. Vegetti viene sviluppata nei seguenti punti:

  • Aspetto programmatico: apertura verso il futuro
  • Aspetto di compromesso: vincolo storico-politico
  • Questioni aperte: senza risposte.

 

 

ASPETTO PROGRAMMATICO

Si inizia dall’articolo 34 che recita: “la scuola è aperta a tutti” con l’istruzione impartita per almeno 8 anni (ma successivamente portati a 10 ed è ancora oggetto di dibattito la obbligatorietà e la gratuità) con erogazione di borse di studio per concorso.

Si capisce allora la capacità dei padri Costituenti di anticipare trasformazioni che successivamente, molti anni dopo, hanno portato al libero accesso all’Università e alla liberalizzazione dei corsi di studio; le lotte degli anni sessanta avevano questa spinta propulsiva.

Ma, il rapporto Bertagna del 2001, certifica che: su 100 allievi di scuola elementare 66 arrivano al diploma e solo 17 alla laurea.I servizi e le agevolazioni  auspicate, che avrebbero dovuto ridurre i differenti comportamenti dei diversi ceti sociali, sono ancora inesistenti o inefficaci.

L’articolo 3:Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale… E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale ” assume un carattere utopico, progressista, socialista. La scuola come strumento di riduzione della disuguaglianza sociale è di là da venire ancora ma la Costituzione Italiana ha dato una direzione chiara. E’ compito della politica e delle istituzioni democratiche e progressiste seguire tale invito.

 

 

ASPETTO di COMPROMESSO

Si arriva subito alla questione delle scuole private (ore dette paritarie). La costituzione pensa ad una scuola per tutti e di tutti, dove l’insegnante, nella sua libertà di insegnamento, deve presentare tutti i contenuti che permettano una crescita del senso critico ed una maturazione del cittadino. Ma allora perché la scuola privata se essa sarebbe disgregatrice per una rinascita unificante del Paese e, con le premesse appena fatte, non se ne sentiva alcuna necessità. L’esistenza all’epoca di scuole confessionali sono state salvaguardate anche se durante il fascismo la scuola era unificata perché fosse controllabile dal regime e l’insegnamento non era affatto libero.

Solo in sede di discussione e dopo ampio dibattito e per pochi voti si è riuscito ad inserire la clausola “senza oneri per lo Stato” che però oggi viene aggirata con contributi alle famiglie tra l’altro non sempre bisognosi di aiuti economici. Tale clausola aveva la valenza di valorizzare le risorse per riunificare, in senso democratico, la formazione in Italia e, in un periodo di difficoltà economiche, aiutare la scuola privata avrebbe rallentato la costruzione delle scuole statali, dei servizi annessi… La citazione di Piero Calamandrei su come contribuire a far perdere di prestigio la scuola statale (riducendo servizi e qualità) è di una chiarezza estrema e attualità.

Quindi la scuola privata diventa una differenziazione di classe e con le modifiche apportate con l’art. 17/2001 – legge concorrente , c’è il rischio di avere una scuola regionale differente da regione a regione. La libertà di insegnamento e il pluralismo culturale ne risentirebbe (direzioni opposte alle decisioni dei padri costituenti) se la finalità della scuola deve essere quella di formare “soggetti critici ed autonomi”.

 

QUESTIONI APERTE

Quali saperi serviranno per la ricerca, per l’amministrazione pubblica, per l’industria e le parole dell’introduzione del prof Luigi Pestalozza richiamate da documenti della Confindustria suonano amare e preoccupanti :“formazione di menti … emancipati dal sapere critico …

Si auspica che si capisca, nelle nuove generazioni in particolare, che “studiare è un andare contro corrente” mentre sulla scuola italiana si sta sfogando uno “spirito punitivo e di rivalsa”e non si vede alcuna utilità nella specifica ora di Costituzione. Come se non fosse basilare capire di diritti e di sviluppo di capacità e competenze, di valorizzazione dei capaci e dei meritevoli, indipendentemente dalle potenzialità economiche, non in una ora prestabilita ma in tutto il percorso della vita (non solo scolastica).

 

 

 

 

 

Piero Calamandrei – discorso pronunciato al III Congresso in difesa della Scuola nazionale a Roma l’11 febbraio 1950

Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito.
…[Il Governo] comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. (…….).Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. (…..) Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico

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Mercoledì 4 novembre 2009 ore 21

 

Tema  “IL LAVORO E LA COSTITUZIONE”

Relatore il prof. Carlo Smuraglia, docente del Diritto del Lavoro e Presidente dell’Anpi provinciale di Milano.

Stimolante incontro con il professor Smuraglia sul tema “Il lavoro e la Costituzione” presso la Cooperativa “La Liberazione”  di via Lomellina.

Ha esordito dicendo che la nostra Carta Costituzionale, nata dalla Resistenza, è una bella costituzione. Di certo la più innovativa tra le moderne costituzioni che circolano nel mondo.

La nostra Carta rappresenta un momento di rottura rispetto allo Statuto Albertino della vecchia Costituzione Regia del 1848,  in cui si era sudditi e non cittadini,  e ancor di più rispetto al fascismo in cui si era tragicamente in assenza di diritti.

E’ la nostra una costituzione che rompe in forma definitiva col passato riallacciandosi agli ideali di solidarietà, di eguaglianza, di liberta e di democrazia piena.

La nostra  è una costituzione cosiddetta “lunga” diversa da quelle “brevi” che si limitano a enunciare i diritti e i doveri dei cittadini e la forma dello stato; in essa invece viene fatto posto ad affermazioni di principio e a solenni impegni programmatici per una trasformazione della società in senso democratico; e colloca, accanto ai tradizionali diritti di libertà, i cosiddetti diritti sociali nei quali vengono riconosciuti a ogni cittadino il diritto di un lavoro equamente retribuito, l’istruzione, l’assistenza contro le malattie e la vecchiaia, il riposo e le ferie, tutti beni senza i quali il cittadino non può dirsi veramente libero. Qui sta la sua originalità e questi valori sono posti in essere già all’articolo 1 dove a fondamento dello Stato si afferma che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, articolo che  sin dal suo esordio investe la sfera politica, etica e giuridica.

Il lavoro è quindi visto come valore di affermazione della libertà e della dignità della persona ed è, nel nesso democrazia-lavoro, che il cittadino si realizza come persona. La libertà e l’eguaglianza per essere tali debbono esistere non solo di diritto, ma di fatto attraverso il riconoscimento effettivo dei diritti sociali a ogni individuo.

Pertanto non basta essere liberi formalmente, bisogna anche che nello stato democratico tali diritti vengano affermati concretamente, materialmente. Infatti all’articolo 4 si dice: “La Repubblica riconosce a tutti cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. E a questo diritto si accompagna per ogni cittadino “il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”  Ma è compito dello Stato – è detto all’articolo 3 – “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del paese”.

Se poi tali precetti siano realizzati è un altro discorso. Anzi appaiono nella realtà decisamente vanificati per molti aspetti. I rischi di ulteriori stravolgimenti sono possibili, quindi bisogna allertarsi per il prossimo futuro. Segnali di svuotamento sono all’ordine del giorno.

Altri articoli attengono alla sfera del lavoro: l’art. 36, dove si parla della giusta retribuzione; l’art. 37 dove si afferma che lavoratrici donne, a parità di lavoro, devono ricevere la stessa retribuzione degli uomini; l’art. 41 dove si dice che l’attività privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale”.

L’introduzione de “Lo Statuto dei lavoratori”  ha avuto grande significato per i lavoratori  dipendenti garantendo loro maggiori diritti e protezione, ma in parte nel tempo è stato fortemente disatteso. Si vedano a proposito le leggi  Treu e Biagi sul precariato che hanno oggettivamente reso più fragile, più vulnerabile  il lavoratore nei rapporti con il suo datore di lavoro.

Dopo due ore in cui si è parlato e dibattuto di Costituzione e lavoro è  emerso un chiaro no a snaturare la nostra Carta nata dalla Resistenza, ribadendo che bisogna difendere la nostra Carta Costituzionale e far sì che leggi e leggine non ne vanifichino i principi e i valori in essa espressi. Sarebbe tragico per la nostra democrazia che un così alto patrimonio lasciatoci dai Costituenti non venisse difeso.

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