Gli interventi dei “nostri”
Libero Traversa, presidente onorario della Sezione 25 Aprile – Città Studi
Mi fa un certo effetto prendere la parola in un luogo dove 25 anni fa ho assistito alla fina di una grande forza politica antifascista: quella di Antonio Gramsci e di Arrigo Boldrini, il nostro Bulow.
Siamo rimasti in pochi, anche qui, tra quelli che hanno dato vita alla Resistenza, molte compagne e molti compagni ci hanno lasciato in questi anni. Ma lasciatemi ricordare tre compagni milanesi che ci hanno lasciato negli ultimi mesi e che hanno fatto la storia dell’ANPI.
Tino Casali, nostro presidente nazionale, Armando Cossutta, vice-presidente nazionale, Gianfranco Maris, presidente dell’ANED. Ho condiviso con loro la mia vita politica, ma anche quella personale: sono vuoti che non si possono riempire.
Il documento predisposto per il Congresso nazionale è stato approvato dal Congresso provinciale di Milano dal 96 per cento dei delegati (con 2 voti contrari e 7 astenuti).
Il documento tra le sue righe cerca di dare una risposta alla domanda: cosa è oggi l’ANPI?
Certo non è più l’Associazione composta dai soli partigiani, patrioti, deportati, famigliari di caduti della guerra di Liberazione. Ormai è un’altra cosa, come è stata definita dal Congresso di Chianciano del 2006.
L’ANPI è la casa degli antifascisti. Certamente. Non è un partito politico, anche se al suo interno vi sono iscritti a qualche partito (anche se io non ho mai chiesto a qualcuno nell’ANPI per chi vota). E non è un centro sociale, né una associazione d’arma.
E allora? Bisogna allora affermare che l’ANPI è una organizzazione di lotta per la democrazia e la Costituzione antifascista, erede della storia e dei valori della Resistenza. Quindi una organizzazione autonoma dai partiti e dai governi. Di qui il nostro impegno senza se e senza ma per il NO nel referendum-truffa sulle riforme istituzionali, come abbiamo fatto anche nel passato.
L’ANPI ha sostenuto il voto per la Repubblica nel referendum del 1946, ha partecipato alla battaglia contro la legge truffa nel 1953 (vinta anche con il voto di chi non era di sinistra). L’ANPI era alla testa della protesta contro il governo Tambroni nel 1960, ha sostenuto nei referendum il divorzio e l’aborto, la difesa della scala mobile nel 1985, la difesa dell’art.18 nel 2002 e da ultimo contro le riforme istituzionali proposte dal governo Berlusconi nel 2006.
Del tutto logica e normale, oltre che doverosa, la posizione dell’ANPI per il NO alle riforme istituzionali, per cambiare l’Italia attuando la Costituzione, come ha detto il nostro caro Presidente Carlo Smuraglia.
L’ANPI ha nel suo DNA la lotta per la pace, come prescrive l’art. 11 della Costituzione.
La lotta per la pace è anche lotta per l’indipendenza della nostra Patria, come dice il titolo del nostro del nostro giornale, appunto “Patria indipendente”.
La sovranità dell’Italia è stata perduta per colpa della guerra fascista. Oggi l’Italia è un paese a sovranità limitata proprio per la guerra voluta da Mussolini accanto a Hitler. Per colpa della guerra voluta dal fascismo l’Italia ha perso la sua sovranità. Con l’adesione dell’Italia alla NATO, l’Italia è diventata avamposto delle basi americane, dal Dal Molin a Ghedi, al porto di Napoli, a Sigonella con droni, al MUOS di Trapani e in decine di altri posti. Sempre con l’appartenenza alla NATO l’Italia è stata al centro della strategia della tensione: da Piazza Fontana a Piazza della Loggia, alla stazione di Bologna, con il terrorismo fascista, i servizi deviati e golpisti, con il SIFAR, il SISDE, l’operazione Gladio.
Sono 120 le basi militari NATO e USA in Italia più 20 segrete, con presenza di ordigni nucleari.
Ma anche l’obbligo che è derivato con l’adesione a operazioni militari all’estero come in Kosovo (a fianco dei musulmani contro i cristiani ortodossi serbi). in Afganistan e Iraq, contro i musulmani, e magari adesso in una pericolosa guerra in Libia contro i libici. Con guerre terribili che causano distruzione e morte, che provocano l’ondata immigratoria in Italia e in Europa.
Con l’ambiguità della situazione in Israele, con i diritti negati ai palestinesi, e in Ucraina dove c’è in governo golpista e fascista, ma ci viene imposto un embargo alla Russia, fortemente dannoso per la nostra economia.
In tutto quadro emerge sempre la subalternità dell’Italia verso organismo sovranazionali come la NATO e la stessa Unione Europea. E pensare che l’Italia ha quasi 5 mila soldati impegnati all’estero 78 Paesi. Stare nella NATO ci costa 64 milioni al giorno (fonte governativa).
Penso che sia ora che l’Italia si ponga concretamente il problema di recuperare la sua sovranità nazionale e la sua indipendenza, perdute a causa della guerra fascista di Mussolini, anche di fronte ad altri pericolosi attentati alla nostra sovranità economica come il TTIP, il cosiddetto trattato di libero scambio tra USA e Unione Europea.
E meno male che c’è stata la Resistenza che ha riabilitato il nostro popolo, che ha permesso la conquista della libertà, della Repubblica e della Costituzione!
Altro tema sul quale l’ANPI è impegnata: l’eguaglianza dei diritti, come dettato dall’art.3 della Costituzione. E poi: la difesa del lavoro, dello stato sociale, della scuola e della sanità pubbliche, dell’ambiente, dei diritti civili.
Contro ogni forma di razzismo, sessismo, bullismo, tutta roba che richiamano in campo il fascismo.
Ecco perché dobbiamo pretendere dalle istituzioni della Repubblica e dai partiti il rispetto della Resistenza e dell’impegno antifascista, come richiesto dall’ANPI e dall’Istituto Cervi nel documento presentato al Presidente della Repubblica. Ecco perché sottoporre una nostra richiesta alle liste e ai candidati alle prossime elezioni comunali. Dobbiamo richiedere un fermo impegno antifascista e quindi la negazione di sedi e locali per iniziative neofasciste, oltre che una ferma opposizione ad ogni iniziativa di carattere neofascista e razzista, in luoghi pubblici , ma anche in luoghi privati.
Per portare avanti le nostre idee, i nostri programmi, occorre recuperare qualcosa che appartiene solo all’ANPI: quello che io chiamo “lo spirito dell’ANPI”. È qualcosa che si deve sentire dentro di noi, che ci deve accomunare e aiutarci nell’impegno di oggi, quello stesso spirito che ha animato la Resistenza e l’antifascismo. È qualcosa che è solo nostro.
Roberto Cenati, presidente Comitato Provinciale di Milano
Il virus del nazionalismo che fu all’origine della Prima e della Seconda Guerra Mondiale si sta pericolosamente ripresentando in Europa, pervasa anche dal ripresentarsi di movimenti neofascisti, antisemiti e xenofobi. Il nostro continente sembra soltanto capace di erigere muri, reticolati e barriere di filo spinato per impedire l’afflusso di centinaia di migliaia di esseri umani che vi cercano rifugio, per fuggire dalle guerre e dalla fame. Non è questa l’Europa sognata da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel Manifesto di Ventotene. Quella era un’Europa fondata sui principi di solidarietà, che guardava alle sofferenze della gente. È urgente ripristinare quella sensibilità civile, quell’attenzione ai più deboli, cardini di un mondo più giusto. Se l’Europa non recupera quei valori rischia di disgregarsi.
Siamo chiamati ad un forte impegno nella delicatissima fase che stiamo attraversando, rappresentato dalla intransigente difesa della Costituzione repubblicana, l’eredità più preziosa trasmessaci dalla Resistenza, combattuta da uomini e da donne che si conquistarono il diritto di voto partecipando alla Guerra di Liberazione.
Abbiamo più che mai bisogno della autorevolezza, della competenza, della disponibilità di Carlo Smuraglia che ha guidato con passione la nostra Associazione nei cinque anni della sua Presidenza e al quale chiediamo di continuare nel suo disinteressato impegno.
Una prima osservazione da avanzare, spesso dimenticata, è che le revisioni costituzionali sarebbero varate da un Parlamento di non eletti, ma di designati dai partiti, grazie ad una legge elettorale dichiarata incostituzionale. Ricordiamo, inoltre, che l’articolo 138, che disegna il percorso della revisione costituzionale, funziona per le riforme medio-piccole e non prevede la modifica di oltre 40 articoli della Costituzione, così come contemplato nella legge di revisione approvata dal Parlamento.
Proprio recentemente è stato sottoscritto un documento da 56 costituzionalisti che si sono apertamente schierati per il NO. Tra le motivazioni si legge che una riforma costituzionale di grande peso, come quella che attiene alla eliminazione o trasformazione di una delle due Camere, non può essere neppure concepita per semplici ragioni di risparmio di spesa, come si dichiara addirittura nel titolo della legge di revisione. Il buon funzionamento delle istituzioni non è un problema di costi, bensì di equilibrio tra organi diversi e di potenziamento, non di indebolimento delle rappresentanze elettive. Tantomeno una revisione costituzionale di grande rilevanza non può essere proposta dal Governo, perché se c’è una questione che non ha niente a che fare con il governo è la Costituzione.
A chiunque avesse poi dei dubbi su come votare, si consiglia di confrontare il vecchio e il nuovo articolo 70 della Costituzione. Un rigo il primo (“La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere), una pagina e mezzo quello approvato dal Parlamento.
C’è chi teorizza che “se a ottobre vince il no per le riforme è finita”. Il termine riforma assume per noi una valenza positiva che non può significare stravolgimento della Costituzione. Bisogna certamente cambiare il Paese. Ma per far questo non si può pensare, come si sostiene, di “modernizzare” la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza. Il Paese lo si cambia attuando la Costituzione nei suoi principi e nei suoi valori fondamentali, a cominciare dall’art.1 che recita “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Oscar Luigi Scalfaro nel libro La mia Costituzione, osservava: “La mia convinzione è che ogni cittadino è garante della Costituzione e se ognuno sente di essere garante, allora la garanzia diventa forte, marcata. Appena ci sono sintomi di fatti e comportamenti che turbano norme e principi, ciascuno deve sentire il dovere di muoversi. Il referendum è l’unica ipotesi di democrazia diretta, in cui il popolo esercita la sua sovranità. Ma quante volte si va a votare con approssimazione? Nel caso del referendum costituzionale il rischio è enorme. Il voto anche su un solo punto della Costituzione non tollera slogan pubblicitari o elettorali. Attenzione dunque. Mille volte attenzione quando si vota la Costituzione. E una Costituzione sbagliata compromette l’oggi e il domani. Bisogna pensare ed essere ben responsabili quando sono in gioco le regole. Nessuno può stare a casa a dormire, come se la cosa riguardasse altri.”
Su questo terremo, nei prossimi mesi, ci dovremo tutti appassionatamente impegnare.
Ordine del giorno sulla Libia, presentato da Roberto Cenati, approvato dal XVI Congresso nazionale dell’ANPI
Il Medio Oriente e il Nord Africa sono regioni destabilizzate attraversate da conflitti sempre più sanguinosi. In questo delicatissimo quadro appare indispensabile scongiurare l’ipotesi dell’invio di militari italiani in Libia, solo perchè ce lo chiederebbe il governo Serraj, recentemente insediatovi. Governo non rappresentativo delle fazioni in lotta, per nulla popolare e gradito da Tripoli e da Tobruk.
Una tale operazione militare alla testa della quale ci sarebbe l’Italia, resasi protagonista di una tragica storia di paese colonizzatore in terra libica, rischierebbe di aggravare la complessa e intricata situazione in quel territorio, come già avvenuto nel corso dell’intervento militare in Libia tra il marzo e l’ottobre del 2011.
L’operazione, inoltre, anziché debellare, potrebbe rafforzare la presenza dell’Isis, che fa capo alla città di Sirte.
La guerra è il contrario dei diritti umani perchè ogni guerra li calpesta e li annulla.
Tra i nostri valori dobbiamo collocare la pace, il bene più prezioso della Resistenza italiana ed europea, che furono guerra alla guerra.
Nostro compito è osservare e applicare con coerenza l’articolo 11 della Costituzione repubblicana: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.”
All’obiettivo della pace bisogna dunque ispirare una parte saliente della nostra azione.
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