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Archive for the ‘Verso il 70° della Liberazione’ Category

robertodiferroMancava meno di un mese alla Liberazione, Roberto Di Ferro venne fucilato e poi crocefisso dai nazisti, non aveva ancora 15 anni.

Nel numero di ANPInews num. 157 del 31 marzo-7 aprile è stata pubblicata la nota del Presidente Smuraglia, che qui sotto riportiamo e vogliamo tenere in evidenza, per tenere a mente il sacrificio suo e quello dei tanti partigiani che ci hanno donato Libertà. Repubblica e Costituzione, soprattutto ora che si avvicina il 70° della Liberazione.
Smuraglia già una volta concluse una commemorazione ufficiale a Pieve di Teco con queste parole “ Io a vent’anni ho dovuto compiere una scelta: o fare parte della repubblica di Salò o scegliere la via delle montagne. Ho fatto una scelta che non fu difficile e io spero che non sia mai difficile per un giovane una scelta del genere perché a mio parere un giovane a vent’anni dovrebbe essere istintivamente rivolto verso la libertà e non verso la dittatura e mi auguro che i nostri giovani, in futuro, se si troveranno a dovere fare scelte diverse, sappiano sempre scegliere la strada giusta, che è quella della libertà e quella della democrazia.

Da ANPInews :
baletta2“Si trattava di un ragazzo che già era impegnato nel lavoro e che si unì subito ai partigiani, “pretendendo” fermamente di essere impiegato come combattente. E così avvenne: il ragazzo dimostrò coraggio e ardimento; quando fu sorpreso, a seguito di una delazione, con altri, e fu arrestato e sottoposto a violenze e torture perché, parlasse, sopportò tutto con la fermezza di un adulto, e fu barbaramente fucilato dai componenti di una colonna motorizzata di tedeschi.
Il ricordo di “Baletta” è vivissimo ancora oggi, tant’è che gli sono stati dedicati libri, c’è un cippo che lo ricorda, assieme ad un monumento, che riguarda anche altre vittime della ferocia nazista. Ogni anno la memoria viene attivata con una serie di manifestazioni, che poi culminano in una pubblica celebrazione ed un corteo nelle vie di Pieve di Teco.
Anche domenica scorsa, c’è stata la celebrazione, particolarmente partecipata da gente venuta anche dal savonese e dall’imperiese, ancora una volta commossa nel ricordo di quel ragazzo a cui fu attribuita una medaglia d’oro al valor militare, con una bellissima motivazione, che esalta il coraggio, l’ardimento e la fermezza di quel “magnifico esempio di valore e di giovanile virtù”.

Smuraglia con la sorella di "Baletta"

Smuraglia con la sorella di “Baletta”

Alla manifestazione, che era il culmine di tre giorni di iniziative, ho partecipato come Presidente nazionale dell’ANPI, restando colpito dalla partecipazione e dall’affetto che ancora caratterizza il ricordo del partigiano bambino.
Al doloroso ricordo, ho voluto aggiungere una riflessione sul significato di una simile scelta da parte di un quattordicenne. Una scelta non isolata, ma che lo unisce, assieme a tanti altri che hanno partecipato alla Resistenza, benché giovanissimi, agli “scugnizzi” delle “Quattro giornate di Napoli”, ed ai tantissimi giovani che hanno costituito il nucleo centrale della Resistenza. Questo significa che la scelta di libertà si può compiere anche indipendentemente dall’età e dall’esperienza già conseguita, soprattutto quando ci si trova in momenti in cui un Paese precipita nella disgregazione ed ha bisogno di un riscatto. Ma l’esempio vale anche per tempi diversi; soprattutto parla ai giovani, agli indifferenti, ai quali cui mancano ideali, di cui peraltro sentirebbero il bisogno. Che ideali poteva avere “Baletta” se non quello della libertà, della rivolta istintiva contro l’occupazione e l’arroganza dell’invasore, contro gli epigoni di una dittatura, più intuita che conosciuta. baletta1Quel ragazzo che lavora, che imbraccia le armi, che si comporta con coraggio anche sottoposto a torture, ci suggerisce che cosa significa essere “persona”, responsabile del proprio destino e partecipe di un sentimento collettivo di libertà e di speranza. Quel ragazzo indica una strada soprattutto agli indifferenti, ai delusi, a coloro che si ritraggono nel privato, pensando che non ci siano concrete possibilità di costruire qualcosa. Si può sempre reagire, si può sempre rimettersi in campo, affrontando pericoli e rischi, se si comprende che cosa significa essere “cittadini”, componenti di una comunità, ansiosa di riscatto e di prospettive per il futuro.

E’ questo che, a mio parere, caratterizza lo straordinario e diffuso ricordo, che ho visto a Pieve di Teco e mi ha particolarmente colpito, soprattutto per il suo significato e per i valori che ad esso sono sottesi. Da quel luogo, ho portato con me non solo il ricordo di una dolorosa, ma splendida giornata, ma anche e soprattutto la speranza, viva e forte, che certi esempi parlino davvero al cuore di tutti ed indichino le strade di un futuro migliore.”

Roberto Di Ferro: il più giovane fucilato d’Italia è una delle più giovani Medaglie d’Oro al Valor Militare della lotta di Liberazione.
Nato a Malvicino in Provincia di Alessandria il 7 giugno del 1930, è stato fucilato dai nazi-fascisti a Pieve di Teco (Imperia) il 28 marzo 1945: a Roberto mancavano tre mesi per compiere quindici anni.
Nel 1943 la famiglia si era trasferita ad Albenga dove Roberto aveva completato l’obbligo scolastico ed aveva iniziato a cercare lavoro. Ad Albenga, dopo l’8 settembre 1943, aveva conosciuto il movimento di resistenza e vi aveva aderito con l’incarico di staffetta. Poi, nell’estate del 1944, era entrato a far parte di una formazione partigiana dell’entroterra savonese, come combattente ed aveva assunto lo pseudonimo di “Baletta” che in dialetto locale vuoi dire “pallina”, in considerazione della sua giovane età e della vivacità del suo comportamento.

La sagoma di "Baletta" nel luogo in cui fu ucciso

La sagoma di “Baletta” nel luogo in cui fu ucciso

Nella notte tra il 24 e il 25 marzo 1945, Roberto e altri dieci partigiani vennero attaccati da preponderanti forze nazi-fasciste e, dopo forte resistenza, finite le munizioni, furono catturati.
Dieci di loro furono immediatamente trucidati. Roberto fu risparmiato nella speranza che rivelasse posizioni ed entità della sua formazione e condotto nel Municipio di Pieve di Teco. Qui, per tre giorni, fu sottoposto ad interrogatori e torture ma non parlò. Vista inutile ogni violenza, fu trascinato sulla riva di un torrente e nelle prime ore del 28 marzo 1945 (a meno di un mese dalla fine del secondo conflitto mondiale) fu fucilato e crocefisso.
A Roberto Di Ferro è stata concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria con la seguente motivazione:
“Primo fra i primi nelle più audaci e rischiose imprese, ardente di fede ed animato dal più puro entusiasmo, appena quattordicenne partecipava alla dura lotta partigiana, emergendo in numerosi fatti d’arme per slancio leonino e per supremo sprezzo del pericolo.
Dopo strenuo combattimento contro preponderanti forze nazifasciste, in cui ancora una volta rifulse il suo indomito valore, esaurite le munizioni, veniva catturato e condotto dinanzi ad un giudice tedesco. Benché schiaffeggiato e minacciato di terribili torture, si manteneva fiero e sereno non paventando le barbare atrocità dell’oppressore.
Le sue labbra serrate in un tenace e sprezzante silenzio, nulla rivelarono che potesse nuocere ai compagni di fede ed alla causa tanto amata.
Condannato a morte rispondeva:«Uccidetemi, i miei compagni mi vendicheranno».
La brutale rabbia nemica stroncava la sua giovane esistenza interamente dedicata alla liberazione della Patria.
Magnifico esempio di valore e di giovanile virtù.
Pieve di Teco, 28 marzo 1945”.

– Dalla biografia di Roberto Di Ferro pubblicata nel sito dell’Istituto del Nastro Azzurro

Qui anche il link al sito dell’Anpi nazionale, nella sezione”Uomini e donne della Resistenza”

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Quello del 1944/1945 fu un inverno rigidissimo, a Milano la temperatura raggiunse i meno 10 gradi. In dicembre ci fu una forte nevicata, che mise in grave difficoltà le comunicazioni in città. Poco da mangiare, niente riscaldamento. Gas, luce e acqua a singhiozzo. Bombardamenti, mitragliamenti da parte degli aerei degli “alleati” anglo-americani. Nelle fabbriche si scioperava per ottenere qualche miglioramento delle razioni alimentari. Le azioni partigiane si intensificavano. I tedeschi continuavano la dura occupazione militare. I fascisti erano sempre più preoccupati e per questo incattiviti. viabotticelliIl 6 gennaio venivano fucilati quattro giovani in via Botticelli, a Città Studi: tre avevano 16 anni, uno 18. Erano stati arrestati per aver effettuato un lancio di volantini al Cinema Pace in corso Buenos Aires. Il 14 gennaio vengono fucilati al Campo Giuriati nove giovani appartenenti al Fronte della Gioventù. Il 2 febbraio è la volta della fucilazione al Giuriati di cinque membri della 3.a GAP (Gruppi di azione patriottica). Il 18 marzo sempre al Giuriati viene fucilato il partigiano Luigi Arcalini di Voghera. Salgono così a quindici i Caduti del Campo Giuriati. 9rag-bozzetto_optIl Giuriati era considerato l’arena sportiva della zona, con il campo di calcio e la pista di atletica leggera. Attorno al Giuriati, prima che sorgessero nuove strutture universitarie, esistevano parecchi campi di calcio dove si sfidavano decine di squadrette di “pulcini” e “ragazzi”, Il campo è diventato così oggi una testimonianza della vita di tanti giovani, ma anche il luogo di un grande contributo di sangue alla Resistenza, E’ il contributo che porta alla Insurrezione del 25 Aprile.

La “mia Resistenza” Sono entrato nella Resistenza clandestina nell’agosto del ’44, subito dopo l’eccidio di Piazzale Loreto. Avevo incontro un militante del Partito d’Azione ed ero entrato a far parte del 23° Distaccamento della Brigata “Rosselli” di Giustizia e Libertà. liberolibroSubito dopo costituimmo una squadra all’Istituto Cattaneo di piazza della Vetra : eravamo cinque ragazzi tra i 15 e 16 anni; nominammo caposquadra Luigi con il nome di battaglia “Ulisse” e io divenni “Aiace”. Cominciammo la nostra attività con il lancio di volantini antifascisti davanti alla scuole, alle fabbriche, alle Università, sui sagrati delle chiese, nei mercati ambulanti (ricordo bene i lanci in bicicletta in Viale Molise, via Fiamma e altri). E poi nei cinema:all’Odeon, al Plinius, al Susa, all’X Cine di Via Menotti (con inseguimento e sparatoria dei fascisti). Poi in novembre Luigi venne arrestato dalla “Muti” assieme agli altri capi-squadra del Distaccamento, in una casa di Piazza Martini. Luigi evitò la deportazione in Germania e venne obbligato al lavoro dei battaglioni R.R. (Ricostruzione), costretto alla rimozioni delle macerie dei bombardamenti. Toccò a me a ricostruire la squadra e a riprendere l’attività, che comprendeva anche la partecipazione al disarmo di tedeschi e repubblichini durante il coprifuoco, con il ruolo di “pali” al lavoro di partigiani ben preparati.

L’Insurrezione Nella giornata del 25 Aprile Milano insorse. Furono occupate Prefettura, Questura e le caserme abbandonate da tedeschi e fascisti in fuga. La città era nelle mani della Resistenza: prima di tutto degli operai, degli studenti, delle donne dei quartieri popolari con l’adesione dei militari della Guardia di Finanza. Nelle mattina partecipai alla occupazione della Casa del Fascio del “Gruppo Tonoli” , in via Andrea del Sarto (laterale di Viale Romagna), poi presi parte alla occupazione del Palazzo di Giustizia, dove si insediò il Tribunale del CLN. Il 27 aprile respingemmo un attacco dei fascisti che volevano liberare i loro camerati, rinchiusi nelle prigioni del Palazzo. Ci fu uno scontro a fuoco in Corso di Porta Vittoria, arrivarono i rinforzi e i fascisti scapparono.

Milano, 6 maggio 1945. I partigiani sfilano in Piazza del Duomo, Libero è tra loro.

Milano, 6 maggio 1945. I partigiani sfilano in Piazza del Duomo, Libero è tra loro.

Il 6 maggio partecipai in divisa alla grande sfilata delle formazioni partigiane in Piazza del Duomo. Rimasi in servizio nella caserma di Corso Magenta (dove eravamo stati trasferiti) fino al 15 maggio, quando consegnammo le armi ad un ufficiale inglese. La “mia” resistenza era finita e Milano era libera.

Libero Traversa 

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