Antonio Marino aveva 22 anni, era nativo di Puccianiello, in provincia di Caserta, un paese povero dove i giovani emigravano sistematicamente al Nord e all’estero in cerca di lavoro.
A pochi chilometri dal Paese c’è una fabbrica, una delle poche; è uno stabilimento militare che costruisce per l’esercito le bombe a mano SRCM, quella stessa tipologia di ordigni che ha provocato la morte di Antonio.
Suo padre, Pietro, 62 anni, non riusciva a mantenere la famiglia: la moglie Agnese malata di diabete e i sette figli, quattro maschi e tre femmine. Antonio sapeva di pesare in famiglia e per anni aveva lavorato come panettiere. Poi, su suggerimento di un fratello, fece domanda di arruolamento nel corpo della Pubblica sicurezza. La possibilità di servire lo Stato lo aveva reso felice: sentiva di svolgere finalmente un ruolo importante e utile per la società.
Antonio Marino da quel giorno fu un altro ragazzo perché finalmente aveva trovato la propria sistemazione.
Il ragazzo fu dapprima mandato alla scuola di polizia di Nettuno, poi venne trasferito ad Alessandria. Era contento: la città piemontese piaceva ad Antonio: non era troppo grande, ci si trovava a suo agio.
Tre mesi dopo Antonio veniva trasferito a Milano, quella che nelle caserme di polizia veniva chiamata “la città in stato d’assedio”.
Per il ragazzo di Puccianiello fu un duro colpo. Milano era troppo grande e troppo costosa.
Antonio mandava a casa tutti i mesi un vaglia di 50 mila lire. Era uno sforzo notevole per lui che guadagnava 90 mila lire al mese. Ma lo faceva per comperare il corredo alla sorella Bruna, 22 anni, che si sarebbe dovuta sposare. Solo il mese precedente la sua tragica fine aveva saltato la spedizione del denaro: aveva chiesto a sua madre il permesso di acquistare a Milano un vestito, giacca e pantaloni. Sua madre gli aveva raccomandato di tirare sul prezzo: di risparmiare qualche migliaio di lire. L’ultima volta che Marino aveva rivisto la famiglia era nel mese di febbraio, quando si era recato a Puccianiello.
Antonio era molto legato ai suoi cari e in particolare alla madre, alla quale telefonava tutte le settimane, ma di domenica, perché costava di meno
Antonio Marino era un ragazzo del Sud portato a Milano per 90 mila lire, per difendere lo Stato democratico. Un ragazzo al quale il mestiere di poliziotto non dava neppure il tempo di cercarsi una fidanzata, ma che, guardando al paese d’origine, si sentiva un privilegiato perché non era emigrato.
Il viaggio della speranza di Antonio Marino, guardia di Pubblica sicurezza, 23 anni a giugno del 1973, , è finito il pomeriggio del 12 aprile in una grande pozza di sangue, sull’asfalto di una strada milanese per mano fascista.
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